Il terremoto del Vulture – 1930

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Il terremoto del Vulture
I soccorsi dei vigili di Roma

   

Alfredo Cecchini
Il vigile Alfredo Cecchini ritratto tra le macerie Villanova del Battista.
Attestato di pubblica benemerenza per il vigile Ascenzo Baccarini, per le azioni pericolose svolte nei comuni di Villanova del Battista e Lacedonia.

Alle ore 1.10 del 23 luglio 1930 due forti scosse telluriche, una sussultoria e l’altra ondulatoria, della durata complessiva di circa quarantotto secondi, si abbatté nel Sud d’Italia colpendo in particolar modo l’Irpinia ed il Vulture.
La violenza del sisma fece subito saltare le linee telefoniche e telegrafiche, mentre anche il servizio di illuminazione subì numerose interruzioni. Gravissime le conseguenze per le abitazioni e per la popolazione: nella sola provincia di Avellino, infatti, la più colpita fra tutte, sedici comuni subirono pesanti lesioni, mentre le vittime accertate risultarono mille cinquantadue. Drammatica la situazione nella provincia di Potenza con più di nove comuni lesionati e oltre duecento vittime. Danni e morti furono riscontrati anche nelle province di Foggia, e Benevento.
Particolarmente tragiche furono poi le conseguenze in campagna; Infatti, molti casolari, per resistere ai cambiamenti climatici, erano coperti da tetti pesantissimi, costruiti con materiale calcareo che crollando schiacciarono, senza possibilità di essere estratti vivi, i loro occupanti. È proprio nelle molteplici case campestri sparse nella zona colpita dal sisma che la maggior parte delle persone perse la vita.
Il bilancio conclusivo del disastro diventò pesantissimo: le vittime complessive furono oltre millequattrocento quattro, mentre il numero dei feriti superò i diecimila. Questo terremoto prese il nome dal monte Vulture, trovandosi proprio nel mezzo della corona interessata, infatti, alle sue pendici si contarono i danni più ingenti.
Il Governarato di Roma formò una squadra di Pompieri da poter inviare sul luogo del disastro, composta da un Ufficiale; l’ing. Osvaldo Piermarini, sei graduati di cui il capo reparto Ferruccio Reibaldi, il macchinista di I classe Umberto Cardoni, ed i capi squadra Ascenzo Baccarini, Pilade Binaldi, Carlo Clementi, Natale Torri e quindici vigili; Antonio Clabassi, Alfredo Cecchini, Romolo Cicchetti, Domenico Ferri, Fernando Flori, Egidio Frascarelli, Pasquale Morino, Pietro Mollichella, Antonio Negrini, Sebastiano Pacetti, Federico Palmocci, Augusto Pucci, Luigi Saini, Attilio Taccoli, Enrico Venanzini. Con loro portarono un camion con attrezzatura varia, un carro con motopompa e una vettura fiat 501. La colonna partì alla volta di Avellino con un treno speciale la sera del 24 luglio, carrozze e vagoni furono preparate per i soccorsi, con la squadra e gli automezzi prese posto anche il Governatore di Roma Francesco Ludovisi Boncompagni, che acco
mpagnò i soccorritori dell’Urbe su una tragedia epocale. Arrivò il giorno dopo sul luogo del soccorso a loro assegnato, il paese di Villanova del Battista, subito il Governatore di Roma mise il nostro ufficiale in stretta collaborazione con il colonnello Bracciaferri del I° reggimento bersaglieri, all’istante iniziarono il lavoro di soccorso con sei squadre di pompieri, lavoro di speranza nel poter ancora salvare qualche vita umana, purtroppo nessun lamento o invocazione di aiuto si udivano dalle macerie. L’opera di soccorso veniva perciò rivolta al recupero pietoso e rapido, vista la stagione molto calda, delle vittime sotto le macerie. Nei giorni precedenti una compagnia di avieri insieme al reggimento dei bersaglieri estraevano circa un centinaio di cadaveri che si andarono a sommare ai quarantatré estratti dai pompieri di Roma.
A Villanova, il giorno ventinove non vi era più nessuna vittima insepolta, le operazioni di ricerca e del recupero delle salme erano state condotte con grande celerità dai vigili romani, superando con grande abnegazione e costanti pericoli, tanto da meritarsi alti elogi da S.E. Leoni sottosegretario ai lavori pubblici, S.E. Baistrocchi comandante della divisione di Napoli, dall’On. Di Marzio e dal colonnello comandante della zona.
Il lavoro per i pompieri non terminava con il recupero dei morti, ma si estendeva sulle vaste operazioni di demolizione di muri pericolanti, al puntellamento delle poche case ancora agibili, al recupero di masserizie, animali e bestiame della popolazione che ormai non le rimaneva altro.
Durante la permanenza a Villanova, come a Lacedonia, i vigili con il loro comandante Piermarini pernottarono nelle tende, consumavano il rancio dei sodati ed osservavano il seguente orario di lavoro: 5.30 – 11.30, 15.00 – 19.30, orario che permise di ottenere un grande rendimento in pochi giorni. Tutti i vigili si comportarono in modo ammirevole, alcuni si distinsero particolarmente dimostrando capacità e coraggio come il sottocapo squadra Natale Torri, nel tentativo di recuperare viveri e biancheria, rimase ferito in un ulteriore crollo per un cedimento della pavimentazione, ricordiamo ancora Ascenzo Baccarini, Carlo Clementi, Alfredo Cecchini, Egidio Frascarelli, Pasquale Morino e Sebastiano Pacetti, furono coloro che si prodigarono in modo esemplare per sprezzo del pericolo e sicure capacità.
Il 30 luglio, la grande squadra romana era pronta per il rientro nella Capitale, prima di partire telegrafarono a S.E. Leoni comunicando il loro rientro, invece di acconsentire il politico li dirottò a Lacedonia per dare il cambio ai pompieri di Milano, li c’era ancora da recuperare gli effetti personali della povera gente ed un importante e pericolosa demolizione da fare, quella della chiesa del Purgatorio, ci vollero due giorni di lavoro difficile ed intenso, ma un cedimento improvviso travolse i vigili Pacetti e Negrini ed il capo squadra Clementi, quest’ultimo riportò una frattura scoperta del perone sinistro, dopo le prime cure dei medici venne trasportato all’ospedale di Avellino. L’Ufficiale dei vigili di Roma Osvaldo Piermarini con l’ing. Giovannetti del Genio Civile fecero un’accurata ispezione per le vie del paese, constatando che non vi era nessuna operazione da compiere di carattere eccezionale, il lavoro dei pompieri ormai limitato volgeva al termine.
All’alba del 4 agosto 1930 il gruppo dei pompieri di Roma riprendeva la via del ritorno con piena soddisfazione per il dovere compiuto, sicuri del lavoro svolto. Arrivarono alla stazione termini nella serata intorno alle ore 21.00, ad attenderli in stazione vi era il Governatore di Roma, esprimendo la sua gratitudine e della cittadinanza per l’opera benefica compiuta.

GSVVFRoma

Enrico Branchesi e Claudio Gioacchini                                                                                                                                                                                                                                                             

    da un rapporto dell’Uff. Osvaldo Piermarini 1930

 

Author: enri