Incendio dell’Ospedale della Lungara – 1922

L’INCENDIO DELL’OSPEDALE DELLA LUNGARA -  17/18 MAGGIO 1922

Per più giorni la cronaca cittadina si è occupata dell’incendio avvenuto nella notte tra il 17 e il 18 maggio in alcuni locali di proprietà dell’ospedale di Santo Spirito (1). E poiché fatalità volle che, a causa di detto incendio, perissero sull’istante sedici cronici, ricoverati nella sala Viale, ed in seguito altri quattro sul totale di ventisette degenti in detta sala, ogni impressione e ogni giudizio furono commisurati a questo gravissimo lutto cittadino, sicchè fù perduto ogni senso obiettivo di serenità, furono trevisati altresì dati di fatto, e l’opinione pubblica, male informata, giudicò acerbamente importanti servizi pubblici e non risparmiò neppure il servizio dei Vigili del Fuoco, incolpandolo soprattutto di essere accorso in ritardo.

A comprendere come si svolsero i fatti è bene conoscere che al secondo piano di uno dei tanti fabbricati, che compongono l’ospedale santo Spirito, esistono affiancate l’una all’altra due sale: la sala Flaiani e la sala Viale, divise tra loro da un muro maestro per tutta la loro lunghezza, muro che si prolunga oltre il soffittone delle due sale fino al colmareccio del tetto.

In questo muro,all’altezza di oltre due metri dal pavimento, si aprono dei vani di finestra, senza infissi di sorta, che servono di comunicazione di aria tra le due sale. Il lato esterno di sala Viale guarda sui terreni dell’ospedale, lungo la riva destra del Tevere, tra il Ponte Vittorio Emanuele e il ponte di Ferro; il lato esterno di sala Flaiani guarda su una serie di cortiletti e di interni in direzione di via della Lungara. Questi due lati lunghi corrispondono alle gronde dell’unico tetto a padiglione che copre le due sale,avente,come dicemmo, per colmareccio, il divisorio. Sotto la sala Viale havvi un’altra sala che l’occupa per la maggior parte, detta sala Santa Caterina, mentre la parte rimanente è occupata da un piegatoio di biancheria, che, a mezzo di una porta è in comunicazione con un essiccatoio a vapore, che occupa quasi la metà della sala Flaiani. Nel detto essiccatoio, oltre le cabine, in cui si introduceva la biancheria da asciugare, si praticava altresì uno tendaggio esterno di lenzuola e d’altro, su canne, sostenute da filoni metallici attaccati a tanti anelli murati poco sotto il soffitto dell’essiccatoio. Nella camera dell’essiccatoio, in basso, a sinistra di chi entra da una scala a chiocciola di accesso all’essiccatoio, trovasi un grande sportello di ferro, che permette l’accesso nell’interno di una ciminiera che serve, di esito ai prodotti della combustione.

La parte anteriore della sala Flaiani è divisa dal rimanente con un tramezzo per ricavarne una piccola anticamera, cui si accede da una scala esterna e nella quale anticamera, si ha di fronte l’accesso l’ingresso della sala Flaiani, a sinistra l’ingresso della sala Viale.

Al termine della sala Flaiani vi è a destra una scaletta che conduce alle sottostanti sale di Santa Caterina ecc. ecc. Si comprende pertanto che l’unico accesso alla sala Viale, e quindi l’unica uscita della medesima, può effettuarsi dalla scala esterna, uscendo dalla sala Viale, passando per l’anticamera della sala Flaiani, che trovasi sull’essiccatoio della biancheria, e raggiungendo la scala esterna. Se uscendo dalla sala Viale e dall’anticamera della sala Flaiani, in luogo di volgere a destra verso la scala di uscita, si proseguisse di fronte, si accederebbe, attraverso un corridoio, ad altri reparti di chirurgia in un piano superiore, e girando sempre sulla sinistra, si raggiungerebbe l’armamentario chirurgico, dalla cui finestra si può vedere in direzione di un cortile (il così detto “ Campo infetto” perché lì avviene il deposito e la consegna della lavanderia infetta) senza tuttavia vedere il cortile stesso, perché la visuale è intercettata da minori costruzioni.

In questo cortile, cui si accede da via della Lungara 11 si affacciano le finestre dell’essiccatoio e nel medesimo trovasi un grande vascone vari metri cubi di acqua. Dallo stesso cortile si innalza la ciminiera che raccoglie i prodotti della combustione dei forni di due macchine a vapore Cornovaglia a servizio della lavanderia.  Nello stesso cortile vi sono le finestre di una sala dell’ospedale,detta di Santa Caterinella, e da esse si possono vedere assai bene le finestre dell’essiccatoio, la ciminiera ecc.ecc.

Al di sotto dei locali occupati dal piegatoio e dall’essiccatoio,che si trovano al primo piano, si hanno al piano terreno dalla parte di sala Viale, le macchine a vapore ed altro,dalla parte di sala Flaiani le lavatrici ecc. ecc. Il piano terreno è separato dal primo piano da volte in muratura, il primo piano è separato da volte in muratura,il primo piano è separato da secondo piano da soffitti di legno,rinforzati da travi di ferro scoperti.

I prodotti della combustione dei forni delle caldaie si dirigono in canali di fumo, che traversano il pavimento dell’essiccatoio fino a raggiungere la ciminiera, che trovasi nel lato esterno della sala Flaiani, nella prima parte di detta sala occupata dall’anticamera. L’accesso a detto essiccatoio è fatto per mezzo di una scala metallica a chiocciola,cui non si accede dai locali dell’ospedale,ma bensì dal salone delle macchine della lavanderia. La lavanderia non è a servizio dell’ospedale santo Spirito, il quale,essendo proprietario dei locali e del macchinario,ne ha affittato l’uso alla ditta Iacomini & C. che l’esercita per il Corpo della Reale Guardia.  Nel cortile detta del Capo infetto, si ha una porta, che attraverso l’abitazione di un custode conduce al terreno annesso alla lavanderia, cui può accedersi direttamente da un altro ingresso in via della Lungara 120. Detta porta è sempre chiusa e l’azienda della lavanderia può agire indipendentemente senza alcuna servitù di passaggio nella zona riservata all’ospedale.

La sera dell’incendio la sala Flaiani era completamente sgombra di malati; la sala Viali conteneva 27 cronici di età avanzatissima fino a 87 anni, il meno vecchio aveva 60 circa.

Quasi contemporaneamente e intorno alle ore 22.45 del 17 maggio un infermiere della sala di Santa Caterinella ed una suora dell’armamentario chirurgico avevano la sensazione di un principio d’incendio, ma, mentre la suora aveva una sensazione confusa, a causa della visuale non libera dalla finestra dell’armamentario al cortiletto del campo infetto,l’infermiere poté vedere che nel locale dell’essiccatoio stava covando un incendio. Tutto si limitava a un po’ di fumo,a qualche scintilla, senza chiarore e senza fiamme. Si recò ad avvertire il sorvegliante di servizio,dopo aver detto e fatto constatare la cosa a due compagni infermieri. Con il sorvegliante tornò al finestrone della sala di Santa Caterinella, e trovò la scena cambiata, sia pur non gravemente. Una fiamma si era prodotta ed usciva dalla finestra dell’essiccatoio più prossima alla ciminiera,dalle altre finestre né chiarore né  fiamme.

L’incendio si stava sviluppando, cominciava anzi a divampare, per una ragione assai semplice, che sembra oggi accertata. La notizia dell’incendio, ripetuta ad alta voce fra i tre infermieri, era stata udita dal macchinista della lavanderia, che abita con la famiglia in locali prossimi alla sala di Santa Caterinella. Questi pensò dapprima che l’incendio si fosse sviluppato in un deposito di trucioli, che si trovano nell’area esterna verso il Tevere in prossimità della caldaia, e sotto le finestre della Sala Viale ma, visto che da quel lato era tutto tranquillo, pensò alla camera delle stufe, e si recò in essa, salendo la scala a chiocciola. La trovò invasa da fumo fittissimo, senza avere impressione che vi fosse fiamma, traversò la sala, raggiunse la porta di comunicazione tra l’essiccatoio e il piegatoio, l’aprì, e in quell’istante, la corrente d’aria esterna, che invase l’essicatoio, cominciò a far divampare l’incendio che egli riconobbe sul suo capo. Uscì di corsa, dando anche esso l’allarme ad alta voce impressionato da questa, quasi direi, repentina apparizione di fuoco.

Da questo istante si organizzarono i servizi interni del personale ospedaliero, allontanando i malati dalla zona ritenuta pericolosa, e poiché si ebbe la sensazione che la sala Viale potesse trovarsi in qualche pericolo, perché, sebbene l’incendio si sviluppasse sotto la sala Flaiani, sgombra di malati, poteva da lì propagarsi al piegatoio che occupava nel piano sottostante la prima parte della Viale, si rivolsero i soccorsi anche in quella sala.

Frattanto un’infermiere ricevette l’ordine dal sorvegliante di telefonare ai vigili.

L’infermiere si diresse verso il portone principale dell’ospedale santo Spirito, ove trovasi gli apparecchi e voleva cercare il numero telefonico del posto di guardia di Piazza Rusticucci (S. Pietro) che è assai vicino all’ospedale, senza pensare, che i vigili si potevano chiamare senza numero. Fu allora che per risparmiare tempo nella ricerca, fu consigliato a un portantino di correre a piedi al posto di guardia per chiedere soccorsi. E difatti un portantino si recò al posto di Borgo e segnalò l’incendio. Fu immediatamente messo in marcia l’autocarro, prendendo su di esso il portantino. Mentre l’autocarro era per lasciare il posto, il Comando di via Genova che era stato avvisato in quell’istante per telefono, dava ordine a Borgo di partire per l’incendio e lo seguiva senz’altro con altri due autocarri, con la moto-pompa e con l’ufficiale di servizio Ing. Sorbara Pasquale, l’ora di partenza corrisponde alle ore 23.20. Naturalmente giunse per primo il posto di Borgo. Gli uomini si attaccarono al più prossimo idrante stradale situato presso l’arco dei Penitenzieri all’imbocco di via della Lungara. Con una brevissima tubazione,biforcata a mezzo di una cassetta di divisione, si misero all’istante in azione due getti, entrando dal portone di via della Lungara 116, nel cortile detto del campo infetto e, dirigendo i getti a due finestre nella camera dell’essiccatoio battendo direttamente il fuoco.

Subito dopo, con l’aiuto del Comando giunto già sul posto, si eseguì una seconda tubazione dall’idrante posto presso il portone del collegio militare in via della Lungara, e questa tubazione più lunga fu diretta, entrando dal portone in via della Lungara 120 e girando intorno al fabbricato, dentro la stanza del piegatoio, cui il fuoco si era rapidamente propagato.

Il fuoco quindi da questo momento era battuto direttamente da tre lance nelle due stanze di modeste dimensioni in cui si era sviluppato e propagato l’incendio.

Altri uomini intanto eseguirono una terza tubazione ad un terzo idrante, che trovasi in via di Borgo di santo Spirito presso il portone d’ingresso del palazzo dell’amministrazione ospedaliera, e da questo idrante il tubo, per mezzo di una tubazione in colonna, fu condotta nel corridoio antistante l’anticamera della sala Flaiani, per isolare il fuoco dalla parte degli altri padiglioni chirurgici.

Fu piazzata altresì la moto-pompa nel vascone del campo infetto, e perché, lavorando con due e talvolta anche con tre getti il vascone non si esaurisse, vi si immise per rifornirlo l’acqua di una tubazione attaccata ad una presa della rete di innaffiamento sul Lungotevere di faccia al portone del Collegio Militare, facendo agire questa tubazione a sbocco libero per avere la massima portata. La moto-pompa che somministrava getti a forte pressione doveva battere dal pavimento di sala Flaiani il soffittone di detta sala e il tetto.

Giacché era frattanto avvenuto quanto segue:

Sul principio del lavoro, quasi contemporaneamente all’arrivo dei vigili, era mancata ad un istante la luce in tutto l’ospedale, perché l’incendio aveva provocato un corto nel circuito principale. Il personale ospedaliero accese i lumi a petrolio, di cui è provvista ogni sala, i pompieri accesero le loro torce e proseguirono il loro lavoro in un disagio indicibile per la difficoltà immensa delle comunicazioni in un fabbricato così antico e vasto. I cronici di sala Viale si stavano allontanando faticosamente prima anche dell’arrivo dei vigili, operando a questa bisogna il personale sanitario di ogni grado, ma, dopo la rimozione del quarto malato, il fuoco che divampava tanto più furiosamente, quanto più lungamente era stato contenuto e che sembra nel suo periodo di preparazione avesse direttamente attaccato il soffitto, fece crollare istantaneamente quella parte di soffitto che costituiva quella parte di pavimento dell’anticamera della sala Flaiani e Viale, travolgendo per poco medici ed infermieri con le barelle di trasporto, se non fossero provvidenzialmente trattenuti dall’ufficiale dei vigili, che ebbe la sensazione del crollo immediato nel modo con cui le fiamme facevano breccia nel pavimento. Sala Viale fu tagliata fuori da ogni soccorso diretto. Le fiamme, invasero sala Flaiani, attaccando immediatamente il pavimento e il tetto. Nello stesso tempo, attraverso la porta d’ingresso di sala Viale e i finestroni senza infissi nel divisorio tra sala Flaiani e sala Viale; si rovesciò in questa tale un fumo denso e tossico, tale un calore, che i poveri ricoverati, vecchi, cronici con un minimo di resistenza organica furono vinti all’istante.

Tuttavia dal lato esterno sul Tevere, armata una scala romana sopra una malsicura tettoia di bandoni e divelti due ferri di una inferriata, furono potuti trarre in salvo da pompieri, da un’infermiere, coadiuvati da un brigadiere dei RR.CC. altri quattro malati. Alcuni cronici in condizioni quasi disperati e le salme delle vittime furono poi allontanati da sala Viale attraverso l’ultima finestra del divisorio tra Flaiani e Viale, superata con un pezzo di scala da una parte e uno dall’altra a guisa di una scala a libretto, il cui ripiano è rappresentato dalla soglia del finestrone.

Tutto questo insieme di fatti si è svolto in tempo assai breve, dopo di che non rimase che proseguire il lavoro di isolamento dell’incendio, che riuscì ottimamente.

L’incendio non raggiunse sala Viale, neppure il fondo di sala Flaiani, fu arrestato dinnanzi alla porta che dall’anticamera di sala Flaiani e attraverso il corridoio conduce da detta sala  agli altri reparti di chirurgia. In breve la sicurezza fu ridata in modo completo, ma il sacrificio di vite era stato compiuto.

I vigili, crollato il pavimento dell’anticamera Flaiani, non ebbero altro accesso nei locali che da una finestra in via della Lungara, salendo la loro scala romana ed entrando in una delle sale Baroni e, attraversando una serie interminabile di sale, scalette, corridoi ecc. raggiungendo di nuovo il fondo di sala Flaiani e Viale dalla parte opposta del pavimento crollato. Più tardi, abbattendo un muro in corrispondenza di un antico vano e, passando nella proprietà del manicomio di Santa Maria della pietà, poté evitarsi questo incomodo passaggio.

Intervenuti altri ufficiali del Corpo a dar aiuto al collega di servizio, fu con ogni cura e con un lavoro assai lungo, delicato e pericoloso, praticato il vuoto tra il soffittone di sala Flaiani e il tetto e, mettendo allo scoperto singolarmente ogni trave maestra del soffittone, di sala Flaiani, che ardeva nella sua testata verso il cortile di campo infetto, fu spenta con l’acqua fornita dall’idrante di via Borgo S. Spirito.

Il servizio di sicurezza fu mantenuto per vari giorni per timore che sotto i rottami del pavimento di parte di sala Flaiani e di una piccola parte del tetto crollati entro l’essiccatoio, covasse ancora il fuoco, come pure nella parte interna di qualche trave nel divisorio fra l’essiccatoio e il piegatoio. Presenziavano le operazioni fin oltre le due del mattino Autorità civili e militari a cominciare dall’on. Sindaco, Prosindaco, Assessore del Corpo, Prefetto, Comandante la divisione militare RR.CC., RR.GG.

Nelle prime ore del mattino S.M. la Regina Elena e S.A.R. la principessa Iolanda si recarono sul luogo della sventura, e accompagnate dal direttore dell’ospedale, visitarono i superstiti e i malati rimossi dalle sale più pericolose, che invero erano già tutti nella più completa tranquillità.

Altra visita compì poco dopo S.M. il Re di ritorno da Venezia recandosi direttamente a Santo Spirito dalla stazione ove al suo arrivo fu avvisato del sinistro.

Imponenti funerali testimoniarono la pietà del popolo di Roma alle povere vittime di un destino assai crudele. E i giornali che dovrebbero illuminare l’opinione pubblica esercitando il loro diritto di critica, hanno parlato, sballandole di ogni colore.

I vigili giunsero in ritardo e quindi discredito a così importante servizio pubblico.

La presente relazione dimostra che l’incendio fu appena segnalato nell’interno dell’ospedale verso le 22.45. che il primo avviso ai vigili fu portato di persona da un portantino, che ritornò sul posto sull’autocarro dei vigili alle 23.20.

In questo intervallo di tempo, nel quale si svolse un’opera di ricognizione, di avvertimento, di segnalazione interne nel personale ospedaliero, dovrebbe, se mai, ricercarsi se mancò la percezione immediata della necessità di chiamare per prima cosa i vigili. Ma la cronaca degli incendi di qualche entità purtroppo dimostra in modo continuo che gli incendi più gravi, i quali disorientano alcuni e impressionano gli altri hanno come triste effetto, tale deficiente segnalazione.

E’ innegabile che una mezz’ora di tempo ha grande valore in sinistri di questa natura, ma è pur vero che l’incendio non fu diagnosticato come un incendio grave,appunto perchè contenuto e quasi soffocato e, perchè avvertito sulle prime da un solo infermiere, corse di bocca in bocca al personale di turno, che per prima cosa pensò all’allontanamento dei malati che aveva in custodia dalle corse più prossime al fuoco. Solo quando la notizia dell’incendio del fabbricato da via dei Penitenzieri e Lungara giunse al portone principale di Borgo Santo Spirito furono avvertiti i vigili distaccando un portantino ivi di servizio e telefonando poi.  Il crollo dell’anticamera di sala Flaiani fu immediato, ciò che dimostra quale guadagno avesse fatto il fuoco prima di essere minimamente avvertito, I malati trovarono la morte unicamente nel loro letto o ai piedi del loro letto nella sala Viale investita dal fumo e dal calore, e tuttavia due giorni dopo uno dei principali periodici cittadini stampava a lettere cubitali “altri 4 cadaveri estratti dalle macerie”:

Nella sala Viale non entrò il fuoco, il quale attraverso un finestrone del divisorio lambì soltanto un letto come vedesi tuttora causando gravi ustioni a un povero degente che poi perì. Ma la sala Viale anche oggi ha intero il suo pavimento, avvallato soltanto in corrispondenza del piegatoio e tutto intero il tetto. Il crollo parziale avvenne solo nella sala Flaiani, completamente sgombra di malati. Le cause dell’incendio? Le responsabilità? È quello che il magistrato sta ricercando con l’aiuto di un perito giudiziario scelto nella persona del sotto-comandante dei vigili Ing. Pasquale Sorbara che era in quella notte di servizio.

Ing. Giacomo Olivieri

Sottocomandante dei Vigili

del Fuoco di Roma

NOTE:

1) – L’Ospedale Psichiatrico di Santa Maria della Pietà alla Lungara. Noto anche come il Manicomio della Lungara o l’Ospedale dei Pazzerelli. Sorto intorno al 1550 in via della Lungara, ad opera di una confraternita di gentiluomini spagnoli vicini a Ignazio di Lodola, con lo scopo di accogliere i pellegrini giunti a Roma per il Giubileo del 1550.

Nel giro di pochi anni si trasformò però in ospizio per il ricovero e la cura dei poveri pazzi. Fino al 1725 svolse attività autonoma poi venne unito all’Ospedale di Santo Spirito sotto la cui amministrazione rimase fino alla caduta dello StatoPontificio. Dopo l’unità d’Italia il manicomio assunse lo status di Opera Pia fino a che nel 1919 passò all’amministrazione provinciale.

Si ringrazia la dott.ssa Tania Renzi per il prezioso aiuto nelle ricerche.

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   L’ospedale psichiatrico, durante la demolizione                                          L’ospedale raffigurato in una incisione

Author: enri